martedì 11 ottobre 2016

Spot su cui riflettere

Spot su cui riflettere
   «Ci fermiamo per un minuto e poi ci ritroviamo di nuovo.» Quante volte abbiamo sentito sta frase e quante volte abbiamo cambiato canale o, al limite del coraggio, abbiamo spento la TV. La pubblicità che attimi di invasione e di    stanchezza. Arriva sempre al momento meno indicato e dura oltre il minuto annunciato. Eppure se la si osserva bene ci fa scoprire strani nuovi mondi, nuove forme di vita e di civiltà (grande Star Trek). Case belle, scintillanti e pulite oltre immaginazioni, magari nella realtà, luoghi che neanche i nostri nonni hanno mai conosciuto, famiglie che sembrano vere per quanto sono finte. Tutti belli, giovani e con prole da far invidia a chi l'ha per davvero. Nonni gagliardi, neonati già indipendenti, mariti e mogli che si bisticciano solo per la colazione del mattino. E si potrebbe andare avanti così fino alla nausea. Come mangiare troppi dolci in poco tempo.
E per rendere il tutto credibile ci infilano cose che non stanno né in cielo né in terra. Prendiamo per esempio la pubblicità di un biscotto wafer: ci sono quattro giovani, si capisce subito che non sono coppie, conviventi, ma la cosa non è molto chiara potrebbero essere a casa dei genitori di uno di loro. Devono vedere la finale di un reality, con tante cose da fare e disfare, e pensano a cosa sgranocchiare. Verbo che secondo me non sanno neanche cosa sia. Tre escono, forse i più sfigati, e uno rimane, sarà casa sua. I tre andati a far la spesa comprano solo il prodotto pubblicizzato e in quantità per tre. Loro sono in quattro, prima incongruenza. Lo so i diversi gusti sono solo tre e prenderne uno in più significano danneggiare gli altri. Però se i giovani sono quattro si immagina che uno verrà escluso. Mettere solo tre giovani è anticlericale    dato che formerebbero una copia di fatto a tre. Fare altro no? Comunque al ritorno a casa trovano l'amico già davanti alla televisione con un barattolo quasi vuoto di biscotti, solo a vederli immangiabili. Dategli dalla nonna. Allora la casa è di sua nonna. E i genitori? Lo sfigato, quello rimasto a casa risulta il più furbo. Rifila i biscotti nauseabondi e prende il prodotto. Fregando però una delle due ragazze. Perché non all'amico? Già da giovani le donne devono subire? E proprio a quella che compra il prodotto? Che messaggio ci sarà mai dietro? Che i giovani    siano fancazzisti come si diceva una volta? Che lontano da computer, smartphone e notti in discoteca non sanno cavarsela? Che il più furbo schiaccia gli altri? E magari ha postato il tutto su internet? Sarà. E l'ideologia del mangiare bene e sano dov'è? Pollice verso senza attenuanti.
   Delle pubblicità, riconosciamolo, ci resta impresso solamente la musica, il filmato e certe volte gli attori. Del prodotto siamo sinceri il molto delle volte non ci ricordiamo il nome. Tanto non ci possiamo sbagliare anche in un supermercato ci stanno solo ed esclusivamente certe marche e basta. Con buona pace dei liberi sceglitori. Fate una prova in qualsiasi supermercato e vedrete a che dare ragione. Si cerca un prodotto di una determinata marca e si ritorna con quel prodotto ma di un altra marca. Requiem per la pubblicità. Per non parlare di quella delle auto. Inutile, diseducativa e utopistica. Già dal prezzo, alzi la mano chi è riuscito a comprare la macchina al prezzo urlato negli spot? Poche e sono ottimista. La risposta è zero. A meno che non ci accontentiamo delle ruote, del motore e del volante. Il resto solo optional. E le medicine? Gli spot dicono una cosa e il nostro medico nella ricetta segna altro e al diavolo il principio attivo che dovrebbe far risparmiare. L'unica cosa ottenuta è che si pagano quasi tutte le medicine. Ricetta o non ricetta. E gli zaini scolastici? Ogni anno nuovi tipi e nuove strategie. Ma quelli vecchi non funzionano più? Hanno forse una data di scadenza? Fanno male? Per non parlare della scuola dell'obbligo, obbligo a pagare libri, rette, mense, quaderni, astucci e ambaradan varie. Ma questa è un altra storia. Qualcuno dirà se non ti va non guardarla la pubblicità. Come se fosse possibile, guardi un film ed ecco nel bel mezzo di un'azione spuntare lo spot. Anche nelle partite di calcio l'infilano i cosiddetti mini spot. E ho capito perché i giocatori ci mettono tanto ad andare a tirare un corner, a preparare una punizione od a rialzarsi da terra. Il tutto per permettere di mandare lo stramaledetto mini spot. Parola brutta come l'aiutino di qualche tempo fa. Ma l'apice dell'indecenza si raggiunge nel web. Nel libero web. Libero di infilarti pubblicità da tutte le parti. Però e lo sottolineo non libero di rifiutare ste cazzate di rottura di scatole. Eppure la libertà di uno finisce dove inizia quella dell'altro. Perciò prima di parlare di libertà pensateci su, per favore. Oltre a pensare cercate anche di entrare in un mondo sereno, equo, allegro che si chiama rispetto. Rispetto per tutti e per se stesso, per la natura e gli animali, per gli altri e ancora gli altri, per il mondo. Questo vale anche per quei attori nelle pubblicità che fanno la figura, diciamolo, un po' da … Direte che lo fanno per soldi. Ma la dignità non ha prezzo. E se un film sbagliato, causa attore non in forma, lo si dimentica in fretta e poi magari lo si rivaluta anni dopo, una pubblicità con il suo martellare in un tempo lungo sprofonda l'incauto attore in una dimensione in cui spera di essere solo ed esclusivamente dimenticato per sempre. Eutanasia di attori famosi nella pubblicità.
Negli ultimi tempi ci sono delle pubblicità che dicono un qualcosa che avrebbe dovuto scandalizzare i consumatori. Con noncuranza si dice, con calma, che certi prodotti non utilizzano l'olio di palma. Fin qui va bene dato che è stabilito che l'olio di palma provoca dipendenza. Eliminarlo va bene... ma perché solo adesso? E prima veniva usato, senz'altro, visto che ora lo tolgono. E prima? E i prodotti? Quelli prima di questa campagna. L'avevano o no? Secondo logica si direbbe di si. E i danni se ci saranno? E il raggiro nei confronti del consumatore? Forse non basta più leggere l'etichetta. E poi la vogliamo smettere di far leggere le etichette ai consumatori. Il controllo deve essere fatto da enti predisposti. O sennò quanto tempo ci vuole per fare la spesa leggendo tutte le etichette? E quante paia di occhiali bisogna portarsi dietro? Visto che dobbiamo leggere le etichette, per alcune ci vogliono le lauree con la lode, che almeno ci siano dei punti, nello stesso negozio, dove mettere i prodotti con la data scaduta, con ingredienti da abolire e altro. Perché se si rimette il prodotto al suo posto qualcuno dopo rischia di riprenderlo e acquistarlo. E sarebbe tutto inutile. E poi vogliamo abbassarli i prezzi dando ai prodotti la dignità economica che meritano. Esempio? Comprate il pane al nord e al sud Italia e poi spiegate la diversità di prezzo. Circa quattro euro contro un euro circa tra un posto e l'altro. Meditate.                                                           M. Nove      19/09/2016

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