La plastica, nello specifico il suo smaltimento, sta creando problemi all'ambiente e di conseguenza a NOI. Sappiamo che l'invenzione della plastica ha rivoluzionato la nostra società facendoci fare un bel santo in avanti. Con, purtroppo, un miglioramento del tenore di vita. Solo che nessuno si era posto il problema dello smaltimento. Forse non era programmato perché la pubblicità diceva che la plastica era per sempre. Compravi una bacinella e te la portavi per sempre. Poi con la saturazione delle classiche "bacinelle" si era pensato a uno
stesso prodotto più articolato, suggestivo e affascinante. Che il consumismo vada avanti, per carità nessuno vuole causa del licenziamento di migliaia di operai. Perciò compriamo altre "bacinelle" magari aerodinamiche e con lo stereo incorporato. Della vecchia che ne facciamo? La buttiamo nell'immondizia. Solo che quando eravamo un miliardo c'era lo smaltimento di un miliardo ma adesso che siamo 7 o forse 8 miliardi... capite che il problema diventa serio. Anche con la differenziata e il riciclo della plastica. Fra l'altro le bacinelle, di norma, sono già fatte dal riciclo delle plastiche normali. Prima o poi non si potranno recuperare e allora? Si gettano. L'avvisaglia, del disastro in atto, si era avuto con la scoperta dell'isola di plastica nell'oceano. Poi si è scoperto chele particelle più piccole diventavano cibo, involontario, dei pesci. I residui grossi finivano per uccidere molte specie di pesci. Chiedete ai pescatori. Su questo argomento vi consiglio di vedere il documentario :«2050 Cronache marine» dell'Istituto Oikos. Elementare che le plastiche introdotte nei pesci finiscono anche nei nostri piatti e poi indovinate dove. Stesso discorso vale anche per la carne di terra. Visto che ultimi studi stanno dimostrando che le piogge portano le particelle plastiche ovunque nel mondo. Anche nei nostri allevamenti e orti. Non dico di abolire in toto la plastica ma di incominciare a pensare a come risolvere, definitivamente, il problema. Ne va della nostra sopravvivenza. Per saperne di più vi lascio ad alcuni articoli trovati sul web. Il consiglio però rimane sempre quello di guardarvi intorno e di porvi le domande su ciò che vedete.Microplastiche trasportate dai venti in tutto il mondo, ricerca è solo all’inizio
6 Marzo 2020 Ambiente e clima, Top news
Le microplastiche possono essere trasportate dalle correnti atmosferiche praticamente in tutto il globo (credito: Doi: - ScienceDirect)
Le microplastiche, ossia piccoli pezzettini di plastica di dimensione microscopica derivanti dall’inquinamento della plastica, possono essere trasportati attraverso l’aria dal vento e anche per lunghissime distanze fino ad arrivare ad inquinare aree che almeno apparentemente sembrerebbero immacolate perché non frequentate da esseri umani.
Lo conferma un nuovo studio apparso sul periodico Earth-Science Reviews che analizza lo stato attuale delle cosiddette “microplastiche atmosferiche”.
La rilevazione di quantità considerevoli di microplastiche, particelle di plastica con dimensioni che possono andare da 100 nanometri a 5 mm, è arrivata a più riprese negli ultimi anni tanto che molto spesso hanno fatto notizia ritrovamenti di quantità generose in luoghi quali quelli montani o quelli deserti, lontanissimi dai centri abitati.
Il gruppo di ricerca guidato da Shichang Kang dell’Accademia Cinese delle Scienze, ha esaminato lo stato attuale riguardante le conoscenze sulle microplastiche atmosferiche sottolineando l’impatto che queste ultime, depositandosi in aree remote, possono avere sull’ambiente globale.
Con questo ulteriore studio, probabilmente in maniera definitiva anche le microplastiche sono riconosciute come inquinanti atmosferici e come un’altra tipologia di particolato.
“L’attuale ricerca sulla microplastica atmosferica è nelle prime fasi e pertanto soffre di dati comparabili insufficienti su abbondanza e caratterizzazione”, riferiscono i ricercatori lasciando intendere che ulteriori ricerche, con metodi più standardizzati per il campionamento e per la misurazione, andranno eseguite in futuro per capire davvero il livello di gravità di questa tipologia di inquinamento anche in relazione alla esposizione diretta con gli esseri umani.
Approfondimenti
§ Atmospheric microplastics: A review on current status and perspectives – ScienceDirect (IA) (DOI: 10.1016/j.earscirev.2020.103118)
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Maggio 13, 2020
La brezza marina contiene 19 particelle di plastica per m3 di aria. Ogni anno, circa 136.000 tonnellate di microplastica potrebbero raggiungere la terra con gli spruzzi del mare.
Considerata da sempre salubre, l’aria di mare è vettore di migliaia di tonnellate di microplastica
(Rinnovabili.it) – Centinaia di migliaia di tonnellate di microplastica potrebbero essere trasportati dai mari alla terra attraverso la brezza marina. Uno studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Strathclyde e dell’Università di Tolosa, ha individuato che le piccole bolle di acqua di mare trasportate dai venti potrebbero essere vettori di inquinamento da plastica.
Il meccanismo di trasporto è piuttosto complicato. Gli studi finora condotti sulla microplastica hanno dimostrato che molti residui raggiungono i mari attraverso i fiumi. Alcuni entrano nei vortici dei gyres (moti circolari prodotte dalle correnti oceaniche), altri affondano nei sedimenti, ma la quantità di microplastica presente nel mare non corrisponde alla quantità di plastica trasportata dai fiumi. Dove finisce il resto?
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Usando un cloud catcher, uno strumento che permette di ‘catturare’ la brezza marina, i ricercatori hanno analizzato le goccioline d’acqua, campionando varie direzioni e velocità del vento. La brezza marina generata dal surf ha prodotto i conteggi più elevati: 19 particelle di plastica per m3 di aria. Le microplastiche erano lunghe tra i 5 e i 140 micrometri. I ricercatori hanno stimato che, ogni anno, circa 136.000 tonnellate di microplastica potrebbero essere soffiate a terra con gli spruzzi del mare.
Precedenti studi avevano già dimostrato che il vento può trasportare microplastiche nell’atmosfera per lunghe distanze. Tuttavia, i risultati della ricerca, pubblicata sulla rivista Plos One, mettono in dubbio il presupposto che, una volta nell’oceano, la microplastica rimanga in acqua. Ma, soprattutto, mostrano che fine fanno i residui.
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Steve Allen, autore della ricerca, ha dichiarato che “la brezza marina è stata tradizionalmente considerata aria pulita, ma questo studio mostra quantità sorprendenti di particelle di microplastica trasportate da essa. Sembra che alcune particelle di plastica potrebbero lasciare il mare ed entrare nell’atmosfera insieme a sale marino, batteri, virus e alghe“.
Vi stupirà scoprire fin dove possono arrivare le microplastiche
Trasportate dal vento, particelle minuscole di plastica sono in grado di percorrere distanze molto vaste. Uno studio su Nature Geoscience spiega come riescono a farlo
Le microplastiche, le piccolissime particelle che si staccano dagli oggetti di plastica, sono ovunque (anche nell’intestino umano). Questi minuscoli frammenti di plastica viaggiano nell’aria. Ma qual è il loro percorso? Questa è la domanda cui ha provato a rispondere un gruppo di ricerca inglese e francese. Gli scienziati hanno mostrato che le microplastiche vengono trasportate dal vento per poi depositarsi in regioni molto distanti dalla loro origine, anche di centinaia di chilometri, come nel caso studiato. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Geoscience.
Le dimensioni delle microplastiche vanno da frazioni di millimetro fino a pochi millesimi di millimetro (micrometri, appunto). Finora sono state trovate in corsi d’acqua e nel mare: in generale si stima che il 2-5% di tutta la plastica finisca negli oceani. Le microplastiche vengono trasportate dagli agenti atmosferici per arrivare alla loro destinazione, che può essere l’oceano, i fiumi o ancora, come nel caso studiato, un bacino montano incontaminato nei Pirenei francesi.
Lo studio
Ogni anno vengono prodotte milioni di tonnellate di plastica, di cui soltanto una parte viene recuperata e riutilizzata. La degradazione in micro e nanoplastiche – non visibili all’occhio umano al contrario della plastica macroscopica – è un fenomeno ampiamente studiato. Oggi gli autori, coordinati da Steve Allen e Deonie Allen, hanno studiato le tappe del tragitto compiuto dalla microplastica, dal trasporto al deposito. Gli autori hanno analizzato campioni raccolti in un remoto bacino montano dei Pirenei durante cinque mesi di lavoro nell’inverno a cavallo fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. I campioni, sia liquidi che solidi, forniscono una prova della deposizione di tracce di microplastiche di dimensioni minori di 0,3 millimetri.
I risultati dello studio
Gli autori hanno analizzato numerosi campioni rintracciando, in tutti e cinque i mesi dell’indagine, un’elevata quantità di tracce di microplastiche, fra cui frammenti, fibre, sottili strati simili a pellicole e microparticelle simili a detriti. Insomma, la microplastica era presente in varie forme. Misurando il dato quantitativo, dall’analisi dei campioni il tasso di deposizione giornaliera era di 365 particelle di microplastica (di dimensioni uguali o minori di 0,3 millimetri) per metro quadro. Di seguito, l’immagine di una fibra di microplastica individuata dagli autori.
Lo studio mostra la presenza di questi composti anche in ambienti lontani da quelli urbani, dove le plastiche sono prodotte e utilizzate. Dall’indagine, inoltre, emerge che per questo sito un’ipotesi probabile è che questi frammenti siano arrivati lì a causa di precipitazioni piovose e nevose di microplastiche trasportate dal vento per decine di chilometri. In base alle simulazioni al computer, gli autori hanno rilevato che questi frammenti arrivano da molto lontano e potrebbero aver viaggiato per circa 100 chilometri. L’idea è che ci sia un importante collegamento fra questi parametri: precipitazioni, velocità e direzione del vento. Tuttavia questo collegamento deve essere approfondito. La ricerca suggerisce che il trasporto atmosferico potrebbe essere un importante veicolo delle microplastiche, che riescono a raggiungere aree remote e incontaminate.
Insomma: arrivano prove di un fenomeno, quello del trasporto aereo delle microplastiche, che deve ancora essere studiato. Capire come avviene può aiutare a comprendere meglio la diffusione di questi piccolissimi materiali che, oltre ad inquinare oceani e altri ambienti naturali, entrano nella catena alimentare, in moltissimi prodotti (pesci, acqua di rubinetto, sale) e possono essere ingerite dall’essere umano.
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Piove plastica
Gli scienziati hanno scoperto che la plastica si trova persino nell’atmosfera, dove trasportata dal vento e dalla pioggia può arrivare ovunque, contaminando noi e l’ambiente
È nell’aria che respiriamo. Sospinta dal vento, arriva anche nei luoghi più remoti del pianeta. E con la pioggia o la neve si deposita persino sulle vette alpine e sulle calotte polari. La plastica, che fino a settant’anni fa neppure esisteva, ormai fa parte dell’ambiente, dove resterà per millenni. Al punto che gli scienziati oggi la trovano dappertutto, anche quando non la cercano.
Gregory Weatherbee, chimico dello United States Geological Survey (Usgs), stava osservando al microscopio dei campioni di acqua piovana raccolti sulle Montagne Rocciose quando ha notato un arcobaleno di fibre e perline colorate. Weatherbee studia l’inquinamento da azoto e non si aspettava di trovare tanta plastica nelle gocce di pioggia. Ma ha capito subito che nell’aria deve essercene molta di più di quanto i nostri occhi possano vedere perché, come ha scritto nelle conclusioni del suo rapporto, persino tra le Montagne Rocciose piove plastica.
Dov’è finita?
Nel mondo ogni anno si producono più di 330 milioni di tonnellate di plastica, ma secondo uno studio pubblicato su Science Advance solo il 9% viene riciclata. Un altro 12% è bruciata negli inceneritori, mentre il restante 79% finisce in discariche di ogni genere o, più spesso, è dispersa direttamente nell’ambiente. Dove poi finisca esattamente tutta questa plastica dispersa, però, non si sa.
Negli ultimi anni l’attenzione si è focalizzata sugli oceani, dopo l’inquietante scoperta di enormi vortici di plastica galleggiante. Ma i conti non tornano: quel che si trova nel mare non è che una porzione infinitesimale – appena l’1% – della plastica che abbiamo immesso nell’ambiente. E allora tutto il resto dov’è? Con ogni probabilità, la risposta più corretta è: ovunque.
Una volta nell’ambiente, infatti, la plastica si degrada in frammenti sempre più piccoli che possono essere trasportati dal vento e dalle correnti marine nelle regioni più sperdute della Terra. Particelle di plastica sono state trovate in abbondanza persino negli abissi oceanici, sulle vette dei Pirenei o nei ghiacci delle calotte polari.
Il team di Melanie Bergmann, ecologa marina dell’Alfred Wegener Institute (Awi), ha inseguito la plastica fino allo stretto di Fram, un passaggio tra la Groenlandia e le isole Svalbard che si apre sul Mar Glaciale Artico. E anche nei ghiacci della banchisa ha trovato una notevole concentrazione di frammenti, soprattutto di dimensioni inferiori a 10 micrometri, che sono trasportati dal vento e ricadono al suolo insieme alla neve.
Dentro di noi
Ma c’è di più. Le microplastiche, cioè i frammenti di lunghezza inferiore a 5 millimetri, si accumulano anche negli organismi viventi, risalendo la catena alimentare. E se aggiungiamo il fatto che persino nell’atmosfera ce n’è più del previsto, allora la plastica è davvero ovunque. Nell’aria, nei fiumi, nei mari, nelle rocce, nella pioggia, nei pesci, negli uccelli, dentro di noi.
Gli effetti sulla salute umana, peraltro, sono ancora tutti da indagare. Tra gli esperti aleggia il timore che le microplastiche respirate o ingerite possano diventare un pericoloso veicolo di batteri e sostanze tossiche. Ai frammenti di plastica si possono infatti legare microbi, metalli pesanti e composti sintetici pericolosi di varia natura, come vernici o ritardanti di fiamma.
Per mitigare il rischio non c’è altra possibilità che ridurre la produzione di plastica – che purtroppo continua invece ad aumentare anno dopo anno, bruciando sempre più combustibili fossili – e vietare l’assurdo impiego dei prodotti monouso, utili per qualche minuto e destinati a contaminare l’ambiente per millenni. Al momento, infatti, puntare sul riciclo è un’illusione: la plastica è molto difficile da recuperare e la gran parte continua a essere dispersa nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Se non vogliamo che ci piova in testa, dobbiamo imparare a vivere senza trasformare il pianeta in una discarica.
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